ANTEFATTO
ANTEFATTO 1923 – 1956
“La mia vita è stata, volendo, un atto di affetto verso una casata come ce ne sono migliaia in Romagna. Si parla di Pidsull. Cos’è? I Pidsull è un podere, adesso è solo sterpaglia, sulle colline sopra Meldola. Ci si arriva per la strada che si diparte dalla nazionale, gira a destra e va alla Rocca delle Caminate. Si vede ancora la casa, ma ormai è dirotta, su un poggiolo in basso, sulla sinistra. La famiglia dei Pidsull ha preso nome da quel fondo, come è nelle tradizioni contadine della Romagna, e l’ha mantenuta anche quando le vicende l’hanno portata altrove.” (AD, Il Principe di Romagna, 1974).
Alteo Dolcini (AD) nasce a Forlimpopoli il 12 settembre 1923, quinto e ultimo figlio di una modesta famiglia di contadini. Compie gli studi di ragioneria a Forlì dove nel frattempo i Dolcini si sono trasferiti. Fin da giovane rivela un’indole intraprendente, creativa e indagatrice, una ferma determinazione all’agire; alterna studio e lavoro per partecipare al sostentamento della famiglia.
Arruolato, non ancora diciassettenne nel 1940, dal fronte africano inizia la sua prolifica attività di pubblicista inviando corrispondenze alla rivista Il Trebbo. Anche nella rivista del 10° Reggimento Arditi, per le truppe impegnate sul fronte, sono numerosi i suoi interventi: poesie, note umoristiche e brevi racconti.
“Roba di scuola, rinfrescate da quando, da difensore in avanti, mi ero imbarcato clandestino a Napoli sul Marco Polo. Dopo vari giri in mare e la scampata dalla flotta inglese, che ci costrinse a tornare indietro a Taranto, poi si ripartì e finalmente ecco l’arrivo a Tripoli. La prima vista del suo faro, che era come un minareto: un proiettile di grosso calibro, sparato da una corazzata inglese, gli aveva dato come un morso e staccata quasi la metà della torre che rimaneva comunque dritta ma faceva uno strano vedere. Si dicono queste cose, oggi, così, alla rinfusa. Sfogliando il libro di una vita proprio come le sue pagine ed un particolare, un segno, un apostrofo, un virgolettato ti richiama l’attenzione e l’occhio vi si posa e allora ricostruisci, come quel gioco degli di incastri, quel certo momento, quel giorno, quel luogo…” (AD, 1995)
Rientra in Italia nel novembre 1945 dopo due anni di prigionia nei campi angloamericani. Nel 1946, mentre è addetto allo smistamento degli aiuti statunitensi presso la stazione ferroviaria di Forlì, è vittima di un grave infortunio che provocherà l’amputazione quasi totale del piede sinistro. Approfitta della lunga degenza in ospedale per intraprendere gli studi universitari di Economia e Commercio.
Nell’aprile 1948 sposa Giuseppina Morgagni: da questa unione nasceranno quattro figli. Sempre in quell’anno si trasferisce a Firenze, assunto come impiegato presso la Prefettura. Con grandi sacrifici per sé e la propria famiglia continua gli studi all’Università e si laurea il 13 novembre 1950.
Dal 1950 al 1956 lavora presso la Prefettura di Ravenna. Nel 1956 si trasferisce a Faenza, avendo vinto il concorso di ragioniere capo del Comune. Dal 1963 al 1988, ne diventa prima il vice segretario poi il segretario generale.